lunedì 10 novembre 2014

Scripta manent, n. 21 – I figli secondo “Il Profeta”

     Il profeta è un bellissimo testo di Kahlil Gibran del 1923, in cui un saggio dispensa delle “piccole” grandi verità a una folla che lo ascolta sui temi più diversi della vita. Le sue riflessioni, lunghe appena una paginetta, spaziano dall’amore al dolore, dalle leggi alla libertà, dal cibo agli abiti. Il passo che segue riguarda i figli: in esso viene descritta una visione molto bella di cosa i figli dovrebbero essere. Chiunque sia genitore o voglia un giorno diventarlo farebbe bene a leggere queste poche righe.



E una donna che reggeva un bambino al seno disse: Parlaci dei Figli.
Ed egli disse:
I vostri figli non sono i vostri figli.
Sono i figli e le figlie dell’ardore che la Vita ha per se stessa.
Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi,
e benché vivano con voi non vi appartengono.

Potete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri,
poiché essi hanno i loro propri pensieri.
Potete dar ricetto ai loro corpi ma non alle loro anime,
poiché le loro anime dimorano nella casa del domani, che neppure in sogno vi è concesso di visitare.
Potete sforzarvi di essere simili a loro, ma non cercate di rendere essi simili a voi.
Poiché la vita non va mai indietro né indugia con l’ieri.
Voi siete gli archi da cui i vostri figli come frecce vive sono scoccate.
L’arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito, e piega e vi flette con la sua forza perché le sue frecce vadano veloci e lontane.
Fate che sia gioioso e lieto questo vostro esser piegati dalla mano dell’Arciere:
poiché come ama la freccia che scaglia, così Egli ama anche l’arco che è saldo.

Kahlil Gibran, Il Profeta



domenica 9 novembre 2014

“Ulisse”: Alberto Angela vi racconta la morte di Pompei ed Ercolano

     Se ieri sera avete scelto di passare una piacevole e rilassante serata a casa, spero che abbiate guardato la puntata di Ulisse – Il piacere della scoperta, programma condotto da Alberto Angela, uno dei più preziosi divulgatori scientifici che il nostro paese possa vantare. Si è trattato di una puntata meravigliosa, condotta in maniera eccellente, esaustiva e particolareggiata, che al sottoscritto è piaciuta tantissimo, al punto che Sapere audeo non poteva non citarla.
     L’argomento, frutto di anni di studio, ricerche e approfondimenti, è stato uno degli episodi più famosi del mondo: la distruzione di Pompei ed Ercolano dopo l’apocalittica eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Alberto Angela, preciso e chiarissimo, non ha solo ricostruito fedelmente la “dinamica” di quella tragedia, ma ha anche sfatato falsi miti su quell’evento così celebre da richiamare turisti da ogni parte del mondo.

     Recandosi sul posto, Angela ci mostra le case di queste società scomparse, il legno ancora conservato, le suppellettili e le pitture, ci descrive nel dettaglio come ha eruttato il Vesuvio e come sono morte le persone, cos’hanno visto e come hanno sofferto mentre morivano; ci mostra i cadaveri di quegli uomini nel momento in cui hanno esalato l’ultimo respiro, ci parla del paesaggio dell’epoca e dei segni che preannunciavano la tragedia.

     Sulla sua pagina di Facebook Angela ha anche preannunciato l’uscita di un nuovo libro relativo all’argomento.

     Il consiglio è di guardare questa puntata: il titolo è Vivere e morire a Pompei. Anche le altre sono belle, ma questa si è davvero particolarmente distinta per la sua forza didascalica e per il pathos che ha saputo trasmettere, oltre che per la sua fedeltà ai fatti storici. Seguite quindi il link sotto appena avete un paio d’ore libere: mi ringrazierete!



     Se vi interessano le altre puntate, potete trovarle sul sito ufficiale di Ulisse – Il piacere della scoperta.



     E a proposito degli scavi di Pompei, vi ricordo che siete ancora in tempo per sottoscrivere gratuitamente la petizione che può salvare il recupero del sito archeologico: per sapere come basta leggere qui.


venerdì 31 ottobre 2014

Salvare Pompei, 105 milioni a rischio: “Riparte il futuro” propone la petizione

     Tutti, anche i sassi, conoscono gli scavi di Pompei: sono il sito archeologico dell’epoca romana più famoso e meglio conservato al mondo. Quest’area, riportata alla luce nel XVIII secolo e mappata interamente a fine ’800, è il punto di riferimento più importante per gli archeologi dell’età antica, nonché una grande fonte di pubblicità per il nostro paese, poiché richiama un numero impressionante di turisti ogni anno (il Ministero dei Beni Culturali fa sapere che nel 2013 il guadagno ha superato i 20 milioni di euro!). Si tratta di un bene talmente importante che l’UNESCO lo dichiara patrimonio dell’umanità.



    
Tuttavia negli ultimi anni il sito è stato lasciato a se stesso: lo stato ha smesso di occuparsene, sono stati registrati numerosi furti e soprattutto si sono verificati troppi, troppi crolli e danneggiamenti di strutture, che andrebbero messe in sicurezza e restaurate per evitare che l’incuria e l’indifferenza delle istituzioni provochi quello che duemila anni non sono riusciti a fare: distruggere il sito.
     Nel 2010 c’è il crollo della Domus dei Gladiatori, a marzo 2014 ben tre crolli vengono registrati in meno di 24 ore e a giugno altri due cedimenti strutturali. La situazione è chiara: Pompei è abbandonata.

     Il Grande Progetto Pompei, presentato da Mario Monti nel 2012, è uno stanziamento di fondi, in parte italiani in parte europei, per un totale di ben 105 milioni di euro, che si propone di restaurare, mettere in sicurezza e valorizzare il sito. Naturalmente, però, in casi simili c’è il rischio che i fondi stanziati vengano dirottati dalla corruzione e dalla malavita organizzata, che inevitabilmente prova ad insinuarsi nelle gare d’appalto. Nelle intenzioni iniziali, doveva esistere un protocollo che sorvegliasse la trasparenza delle operazioni e che controllasse gli episodi di corruzione: per questo, a sorveglianza dell’operazione è stato posto il Generale dei Carabinieri Giovanni Nistri, che in questo periodo ha steso una relazione in cui denuncia i pericoli di infiltrazione malavitosa e di corruzione. Già a febbraio 2013, infatti, la Guardia di Finanza denuncia alcuni soggetti coinvolti nelle operazioni per corruzione, abuso d’ufficio, frode e truffa.

     Riparte il Futuro, da sempre attivo in questi casi, ha lanciato una petizione, che chiediamo di firmare gratuitamente, con cui si chiede alla Camera un’audizione del generale Nistri affinché la sua relazione sia resa nota. Ricordiamo infatti che il generale ha anche proposto una procedura per ampliare la partecipazione dell’opinione pubblica alla questione e rendere noti tutti i passaggi delle procedure, improntando la cosa alla massima trasparenza possibile. Quando la gente partecipa, infatti, è molto più difficile che si verifichino episodi di corruzione.

     Firmiamo dunque, e facciamo firmare, questa necessaria petizione, permettiamo a Pompei di rialzarsi in tutto il suo splendore, perché è perfettamente possibile! Ci sono 105 milioni di euro già pronti!







mercoledì 29 ottobre 2014

Trattativa, i giudici interrogano Napolitano. La tesi dell’accusa è fondata

     I giudici di Palermo hanno ragione: la trattativa tra alcuni vertici dello Stato e Cosa Nostra nella stagione 1992-93 è servita per concedere alla mafia alcuni privilegi e lo Stato italiano ha accondisceso. Questa è la notizia più rilevante venuta fuori dall'interrogatorio a carico del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano da parte di un pool di magistrati e avvocati provenienti da Palermo e coraggiosamente impegnati nel processo sulla Trattativa stato-mafia.
    
Il pool è arrivato al Quirinale ieri mattina alle 9:40. Napolitano non è voluto andare a Palermo, dove secondo il magistrato Antonio Ingroia, ieri ospite a L'aria che tira su La7, aveva il dovere morale di recarsi spontaneamente, per testimoniare nell’aula bunker dove si ascoltano i testi del processo. Alle 10:05 inizia l’interrogatorio.
     Nella sala “oscura” del Bronzino, stanza priva di finestre, Napolitano entra davanti a un gruppo composto principalmente dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi, i pm Antonino di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, più gli avvocati degli imputati, come il legale di Riina o di Mori. Totalmente assenti i giornalisti e i fotografi, che attendono fuori le prime indiscrezioni dei magistrati e tengono d’occhio i comunicati ufficiali del Colle.

     Quaranta domande appositamente preparate e vagliate preventivamente a cui Napolitano ha dovuto dare risposta. Ma perché i giudici hanno voluto il contributo di Napolitano nel processo sulla trattativa? Fondamentalmente erano due le cose che interessavano.
     La prima riguardava una lettera scritta da Loris D’Ambrosio, il consulente giuridico di Napolitano, morto di infarto nel luglio 2012, indirizzata al Presidente della Repubblica: in essa il consulente denunciava «episodi del periodo 1989-1993 che mi preoccupano e fanno riflettere; che mi hanno portato a enucleare ipotesi – solo ipotesi – di cui ho detto anche ad altri, quasi preso anche dal vivo timore di essere stato allora considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi».
     Il secondo tema era invece relativo alla consapevolezza di Napolitano che esistesse effettivamente una strategia mafiosa che mirava ad ottenere dallo Stato determinate cose attraverso l’uso delle stragi.

Loris D'Ambrosio
     Sul primo punto è da dire che il contributo di Napolitano è stato alquanto deludente. I giudici volevano che Napolitano, che lavorava a strettissimo contatto con D'Ambrosio, spiegasse il senso di quell'allarme che il suo consulente gli aveva lasciato: D'Ambrosio parla di «indicibili accordi» e teme di essere stato usato come ingranaggio di un meccanismo criminoso che ha prodotto fatti che «fanno riflettere». Un allarme molto esplicito. Napolitano risponde che non sa interpretare il senso di quelle parole e che anzi l'allarmismo di quella lettera era sicuramente riconducibile alla forte ansia che D'Ambrosio provava in quei giorni in cui si sentiva al centro dell'attenzione e temeva di essere associato ingiustamente a vicende di mafia: «D’Ambrosio era sconvolto per la campagna mediatica nei suoi confronti. Ma mai mi parlò del suo timore di essere considerato scriba di indicibili accordi». Gli risponde Antonio Ingroia a Coffee Break su La7 con un’obiezione: Napolitano si trova sul tavolo una lettera in cui il suo collaboratore più stretto denuncia una cosa tanto oscura e grave e non si preoccupa in tutto quel tempo di chiamarlo a colloquio per farsi spiegare quali fossero questi indicibili accordi? In questo senso, in effetti, il Presidente delude, perché alla domanda non risponde e dice solo che con D’Ambrosio non ha mai affrontato questo argomento, parlando invece solo delle sue dimissioni. I testimoni dell’interrogatorio hanno inoltre riferito che Napolitano si sia mostrato stizzito alle domande su D’Ambrosio e che ha praticamente passato tutta la prima mezz’ora di interrogatorio dando le spalle ai magistrati con cui parlava.

Il pm Antonino di Matteo
     Sul secondo punto invece Napolitano si è aperto di più. Ora, tutti sanno che la trattativa è effettivamente esistita (il processo indaga su chi abbia fatto questa trattativa e perché), ma Napolitano per la prima volta conferma che la tesi sostenuta dai magistrati dell’accusa è effettivamente fondata, giacché afferma che all’epoca i più alti vertici dello stato sentivano come minaccia allo Stato gli episodi stragisti; Napolitano afferma inoltre che quella strategia fosse «finalizzata a dare un aut aut ai pubblici poteri o a fare pressioni di tipo destabilizzante». E Travaglio, su Il fatto quotidiano, si chiede giustamente «Chissà che cosa scriverà, ora, chi aveva teorizzato che la testimonianza di Napolitano era inutile, superflua, un pretestuoso accanimento dei pm di Palermo a caccia di vendette per il conflitto di attribuzioni, un pretesto per “mascariare” il presidente della Repubblica agli occhi degli italiani e del mondo intero, per trascinarlo nel fango della trattativa Stato-mafia, per spettacolarizzare mediaticamente un processo già morto in partenza sul piano del diritto, naturalmente per violare le sue prerogative autoimmunitarie, e altre scemenze».

Antonio Ingroia
          Tra le varie polemiche, qualcuno afferma che la trattativa non ci sia mai stata (come facciano a dirlo se il processo ancora deve concludersi, è un mistero), altri invece che dicono che la trattativa c’è stata ma è stata fatta con una legittima ragion di stato, perché sarebbe servita a salvare la vita a delle persone: Ingroia chiarisce anche questo aspetto. Secondo il magistrato, infatti, se è vero che uno Stato può avere la libertà di trattare perfino con un’organizzazione criminale per il bene del paese, dev’essere altrettanto vero che prima o poi (e sono passati vent’anni!) di questa trattativa dev’essere reso conto ai cittadini. Magari non subito, perché ci sono dei rischi nell’immediato, ma poi la cosa deve diventare pubblica. È infatti per i cittadini che gli esponenti dello Stato fanno ciò che fanno: se quindi è vero che lo Stato ha trattato con la mafia per il bene del paese, cosa ha concesso alla mafia? E che cosa ha ricevuto in cambio? Chi ha fatto inoltre questa trattativa? Nessuna di queste domande ha mai ricevuto risposta, anzi si è sempre fatta una certa difficoltà anche solo ad affrontare l’argomento; il fatto stesso che sia stato necessario iniziare un processo per trovare queste risposte fa pensare che l’accordo non fosse stato fatto per il bene del paese. Anzi, la tesi accusatoria sostiene appunto che il patto fosse stato realizzato per salvare la vita di alcuni politici, che a partire dall’omicidio Lima erano entrati nel mirino di Cosa Nostra perché non stavano mantenendo le promesse che le avevano fatto: e infatti dopo la trattativa la mafia cambia strategia e non pensa più ai politici. Passa ai magistrati, muoiono Falcone e Borsellino, che la mafia la combattevano, e arrivano le bombe.

Spadolini, Scalfaro e Napolitano
     C’è chi si è chiesto se la testimonianza di Napolitano fosse davvero necessaria, dal momento che si sapeva che la trattativa c’è stata per davvero. Intanto la novità della deposizione di Napolitano non sta nella certezza della trattativa, ma nel fatto che le più alte cariche dello Stato di allora (ovvero l’allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, l’allora Presidente del Senato Giovanni Spadolini e della Camera Giorgio Napolitano) fossero a conoscenza della natura ricattatoria della strategia stragista di Cosa Nostra. Infatti di questi tre personaggi, oggi solo Napolitano è ancora vivo ed è quindi un testimone prezioso per le indagini. Napolitano ha infatti confermato che anche all’epoca ci fosse la consapevolezza che gli omicidi di Cosa Nostra servivano a destabilizzare e indebolire lo Stato al fine di poterlo mettere in condizioni di fare una trattativa con cui avrebbe dovuto concedere (come poi ha fatto) un alleggerimento della lotta alla mafia (l’allora Ministro della Giustizia Giovanni Conso non rinnova ad esempio il 41-bis, cioè il regime di carcere duro, a un bel po’ di detenuti).

    Da un’altra corrente, fortemente rappresentata da alcuni esponenti del Pd, Napolitano si sarebbe comportato da Presidente esemplare perché, pur non essendo tenuto a farlo, ha concesso la propria testimonianza ai giudici. In verità c’è da dire che se per un privato cittadino aiutare a scovare la verità su un tema così scottante come la trattativa tra lo Stato e la mafia è un dovere civico, per un Presidente della Repubblica, che all’epoca era Presidente della Camera, testimoniare davanti a tali giudici dovrebbe essere un’urgenza improrogabile e al dovere civico e morale si aggiunge anche quello politico. Tanto più che l’interrogatorio ha portato via solo tre ore, compresa la pausa, quindi non si capisce cosa ci sia di eccezionale in questa paternalistica concessione. Lo stesso Napolitano ha più volte fatto appello all’operato dei magistrati per la famosa “ricerca della verità”. Ha fatto quindi solo il suo dovere.

     Meno degni di nota e più ridicoli sono i commenti di coloro che hanno visto nella “sfilata” di magistrati al Quirinale una cosa indegna e lesiva nei confronti dell’istituzione. A queste obiezioni basta rispondere dicendo che Napolitano era liberissimo di recarsi personalmente a Palermo evitando a tutte quelle persone persone di “sfilare” al Quirinale; ma anche che se dei magistrati indagano su un tema scottantissimo e vedono in una persona un prezioso testimone, quest’ultimo, sia esso un normale cittadino o il Capo dello Stato (che è anche un cittadino!), deve concedere il proprio contributo: e se il testimone fa il Presidente della Repubblica e non vuole andare a Palermo dai magistrati, è normale che siano questi ad andare da lui al Quirinale. Non possono mica aspettarlo in piazza! Tanto più se si tratta di Giorgio Napolitano, poi, che dopo aver ordinato la distruzione delle intercettazioni che lo vedevano a telefono con Mancino, sempre relativamente alla trattativa, ha perso un bel po' di credibilità.


     Ad ogni modo, nei prossimi giorni dovranno essere resi noti i verbali di questo interrogatorio e ci si potrà fare un’idea più precisa di cosa sia stato detto. Restiamo in attesa.

martedì 19 agosto 2014

Scripta manent, n. 20 – Il coraggio di continuare: “L’anguilla” di Montale

     Montale scrisse L’anguilla nel periodo molto arido della seconda guerra mondiale. L’animale, in contrasto con una forte tradizione letteraria, diventa un simbolo di speranza e salvezza per l’umanità. L’anguilla è animale che striscia, che si muove a fatica e che è costretto a vivere in ambienti paludosi, in mezzo alla melma, al fango, dove la poca acqua è contesa ed è messa quasi in minoranza dalla terra. In un ambiente così povero, così privo di risorse, l’anguilla deve riuscire a creare la vita, a compiere il suo ciclo e a riprodursi. Questa «anima verde» deve riuscire nell’ingrato compito di continuare la sua specie «là dove solo / morde l’arsura e la desolazione», costretta a ricominciare da capo dove si è vista la fine di tutto («tutto comincia quando tutto pare / incarbonirsi»), lei, strisciante e forse ultimo degli esseri viventi, è testimone e allegoria di un messaggio di solidarietà e coraggio, di tenacia e fede. Per questo l’anguilla è anche «sirena», come dice il poeta al primo verso. In chiusura invece Montale si rivolge alla sua ispiratrice (Clizia), anche lei donna, anche lei essere su cui grava la responsabilità di continuare la vita, di perpetuarla, a tutti i costi, in mezzo alle brutture del mondo, in mezzo a un ambiente ostile, rischiando la vita. Del resto, la donna e l’anguilla sono «sorelle».


L’anguilla, la sirena
dei mari freddi che lascia il Baltico
per giungere ai nostri mari,
ai nostri estuari, ai fiumi
che risale in profondo, sotto la piena avversa,
di ramo in ramo e poi
di capello in capello, assottigliati,
sempre più addentro, sempre più nel cuore
del macigno, filtrando
tra gorielli di melma finché un giorno
una luce scoccata dai castagni
ne accende il guizzo in pozze d’acquamorta,
nei fossi che declinano
dai balzi d’Appennino alla Romagna;
l’anguilla, torcia, frusta,
freccia d’Amore in terra
che solo i nostri botri o i disseccati
ruscelli pirenaici riconducono
a paradisi di fecondazione;
l’anima verde che cerca
vita là dove solo
morde l’arsura e la desolazione,
la scintilla che dice
tutto comincia quando tutto pare
incarbonirsi, bronco seppellito;
l’iride breve, gemella
di quella che incastonano i tuoi cigli
e fai brillare intatta in mezzo ai figli
dell’uomo, immersi nel tuo fango, puoi tu
non crederla sorella?

Eugenio Montale, Languilla, in La bufera e altro



lunedì 18 agosto 2014

I luoghi del cuore 2014: vota il tuo monumento preferito

     Avete un monumento preferito? Un palazzo, un teatro antico, un castello che amate e che vorreste fosse tutelato? Potete aiutarlo gratuitamente “votandolo”: il FAI (Fondo Ambiente Italiano) presenta, in collaborazione con Intesa San Paolo, la settima edizione de I luoghi del cuore, un vero e proprio censimento con cui si raccolgono le firme dei cittadini per segnalare in modo gratuito i luoghi più belli del nostro patrimonio. I luoghi più votati entro novembre 2014 saranno oggetto di interventi di recupero e valorizzazione da parte della fondazione.
     Siamo il paese che ha il più bel patrimonio artistico al mondo, siamo la patria del Rinascimento e dell’impero romano, sarebbe barbaro restare indifferenti di fronte a una cosa del genere. Vi lascio due righe dove saprete come fare per aiutare il vostro luogo del cuore senza spendere nemmeno un euro! Votate!

1   Cliccare sul sito iluoghidelcuore.it.
2   Leggere, se vi va, il regolamento (scaricabile in pdf da questo link), che contiene tutte le informazioni necessarie (sono poco più di tre paginette). In particolare vi segnalo che:
- possono votare sia minorenni che maggiorenni;
- possono votare sia cittadini italiani che stranieri;
- si può votare per un solo bene culturale.
3  Segnalare con una semplice firma on line la vostra preferenza dalla pagina del voto, compilando i campi correttamente e gratuitamente.

Fatelo e aiuterete il nostro patrimonio artistico, che è il più bello del mondo!



martedì 22 luglio 2014

100mila firme in poche ore: firma l’appello contro la riforma criminale di Renzi e Berlusconi

     Alzare il numero minimo di firme necessarie ai cittadini per chiedere un referendum da 500mila o 800mila firme: cosa vi sembra se non togliere ai cittadini la possibilità di intervenire nella gestione della politica? Eliminare l’eleggibilità dei senatori per renderli nominabili, non dai cittadini ma dai politici stessi: cosa vi sembra se non togliere ai cittadini la possibilità di intervenire nella gestione della politica? La Corte Costituzionale dice che la legge elettorale attuale (il Porcellum) è illegale perché non consente ai cittadini di esprimere preferenze? E nella nuova legge elettorale si continuano a lasciare le preferenze bloccate: cosa vi sembra se non togliere ai cittadini la possibilità di intervenire nella gestione della politica?



     Sono solo alcuni esempi dei contenuti della cosiddetta “riforma” che questo governo sta sostenendo, impedendo al Parlamento di fare il suo vero lavoro: fare leggi. Matteo Renzi, con la collaborazione del condannato Silvio Berlusconi e del suo braccio destro (imputato in vari processi) Denis Verdini, sta portando avanti questo progetto totalmente e ingiustificabilmente antidemocratico, il cui succo si può riassumere nell’espressione: “I cittadini non devono rompere le scatole, chi governa deve poter fare quello che vuole senza una controparte che possa ostacolarlo: basta dire loro che è fatto per il bene del paese e se ne staranno buoni”.
     Ma per fortuna non tutti sono idioti e non tutti si fanno infinocchiare. Ecco perché è molto importante che l’opinione pubblica faccia capire a questi criminali che i loro veri obiettivi sono stati riconosciuti e che nessuno vuole quelle che spacciano per riforme. Se una questione prende peso nel dibattito pubblico è più difficile per la casta politica far approvare certe leggi criminali.
     Il fatto quotidiano, sempre molto attento e attivo in queste questioni, lancia (e non è la prima volta) un appello, una petizione che i cittadini possono firmare comodamente da casa, in modo gratuito e in 3 secondi. È il modo che abbiamo di usare uno strumento democratico (finché ce li lasciano) per fermare lo scempio autoritario che Matteo Renzi, Silvio Berlusconi e i loro alleati (con il benestare di Giorgio Napolitano) stanno per compiere. La firma di ognuno avrà un peso enorme e i cittadini intelligenti lo hanno capito: in pochissime ore si sono superate le 100mila firme previste inizialmente e ora si punta a quota 500milaI più grandi intellettuali e uomini di legge stanno sostenendo questo appello: da Rodotà a Zagrebelsky.

     Ecco la pagina da cui potete apporre la vostra firma di cittadini liberi e non schiavi inerti di imbroglioni e condannati



Qui trovate il testo dell’appello… A questo link potete invece leggere le 10 bellissime controproposte che Il fatto quotidiano ha lanciato in sostituzione di quelle di Renzi, Berlusconi & Co.

A:
Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica
Pietro Grasso, Presidente del Senato
Laura Boldrini, Presidente della Camera dei Deputati
Matteo Renzi, Presidente del Consiglio

Dite no al Parlamento dei nominati e alle riforme che limitano i referendum e uccidono la democrazia partecipata


LE CONTRORIFORME dell’Italicum e del Senato delle Autonomie, concordate dal governo con il pregiudicato Silvio Berlusconi e il plurimputato Denis Verdini:

- consentono a un pugno di capi-partito di continuare a nominarsi i deputati a propria immagine e somiglianza (con le liste bloccate per la Camera), addirittura aboliscono l’elezione dei senatori (scelti dalle Regioni fra consiglieri e sindaci, ridotti a un ruolo decorativo e per giunta blindati con l’immunità-impunità) e tagliano fuori i partiti medio-piccoli (con soglie di sbarramento abnormi);

- trasformano il Parlamento nello zerbino di un premier-padrone, “uomo solo al comando” senza controlli né contrappesi, con una maggioranza spropositata che gli permette di scegliersi un presidente della Repubblica e di influenzare pesantemente la Corte costituzionale, il Csm, la magistratura e l’informazione televisiva e stampata;

- espropriano i cittadini dei residui strumenti di democrazia diretta: i referendum (non più 500mila, ma addirittura 800mila firme) e le leggi di iniziativa popolare (non più 50mila, ma addirittura 250mila firme).

DICIAMO NO ALLA SVOLTA AUTORITARIA, come i migliori costituzionalisti italiani hanno definito il combinato disposto delle due controriforme, ispirate  – consapevolmente o meno – al “Piano di Rinascita Democratica” della loggia P2 di Licio Gelli.

DICIAMO SÌ ALLA DEMOCRAZIA PARTECIPATA e vi chiediamo di sostenere solo riforme istituzionali che rispettino lo spirito dei Padri Costituenti del  1946-’48: restituendo ai cittadini il diritto di scegliersi i parlamentari e coinvolgendoli nella cosa pubblica; tutelando le minoranze e le opposizioni; allargando gli spazi di partecipazione diretta alla formazione delle leggi; limitando l’immunità parlamentare alle opinioni espresse e ai voti dati e abolendo i privilegi impunitari in materia di arresti, intercettazioni e perquisizioni; combattendo i monopòli e i conflitti di interessi, specie nel mondo della televisione e della stampa; ampliando l’indipendenza e l’autonomia dei poteri di controllo, dalla magistratura all'informazione.

Antonio Padellaro
Marco Travaglio
Peter Gomez
e la redazione del Fatto Quotidiano

domenica 20 luglio 2014

Processo Ruby: ecco perché Berlusconi è stato assolto

     Ci sono fior fior di indizi: ci sono le intercettazioni telefoniche dove si sentivano le Olgettine e la Minetti che organizzavano le serate a suon di spogliarelli; ci sono le intercettazioni della stessa Ruby che praticamente confessa di frequentare il sistema di Arcore;  ci sono le testimonianze di alcune delle stesse ragazze che avevano assistito al bunga bunga; ci sono le nuove ipotesi di reato del processo Ruby ter, in cui dovrà emergere come Berlusconi abbia pagato (anche dopo l’inizio del processo) ingenti somme alle escort sottoforma di denaro e beni mobili e immobili affinché mentissero sulle serate di Arcore; ci sono le imbarazzantissime deposizioni in aula della stessa Ruby e dei poliziotti della Questura di Milano che rispondono alle domande dei giudici a ritmo di «Non ricordo»… Gli ingredienti c’erano tutti per dire all’opinione pubblica che Silvio Berlusconi avesse commesso i reati contestatigli al processo Ruby, ossia concussione e prostituzione minorile.
     Ma due giorni fa esce sui giornali la notizia che la Corte d’Appello di Milano, seconda sezione penale, giudici Enrico Tranfa (presidente), Ketty LoCurto e Alberto Piccirelli, ha ribaltato la sentenza di condanna in primo grado (sette anni di carcere) e ha assolto Berlusconi da tutti i capi di accusa.

L’oggetto del processo Ruby
     Andiamo con ordine: ricordate loggetto del processo? Berlusconi avrebbe organizzato ad Arcore delle serate con escort, alcune minorenni, con cui intratteneva gli ospiti (tra cui Lele Mora ed Emilio Fede, attivi frequentatori della villa, anch’essi poi indagati); la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 Ruby, una delle escort, allora minorenne, viene fermata dalla Questura di Milano per un reato di furto: Berlusconi, allora premier, viene a sapere della sua cattura mentre è a Parigi e, temendo che la ragazza possa rivelare il giro di prostituzione alla Questura durante un interrogatorio, telefona al capo di gabinetto Pietro Ostuni per indurlo a rilasciare Ruby immediatamente. La scusa usata era che Ruby fosse la nipote dell’allora presidente egiziano Mubarak e che la sua cattura avrebbe potuto scatenare un incidente internazionale. Ostuni la rilascia, affidandola a Nicole Minetti, che secondo le accuse procurava le ragazze a Berlusconi assieme a Lele Mora e che, appena uscita dalla Questura, la appioppa a Michelle Conceicao, una prostituta. Si dirà poi che Berlusconi ha voluto “tutelare” Ruby sottraendola alla Questura per evitare l’incidente diplomatico, ma non è mai stato spiegato come questo possa essere fatto usando una prostituta. Le accuse sono quindi di concussione (per aver indotto un funzionario pubblico, Ostuni, a fare una cosa che non poteva fare), e di prostituzione minorile.

La prostituzione ad Arcore è davvero avvenuta
     Ora, partiamo col dire la cosa più importante di tutte e lo diciamo per i meno informati (quelli che seguono il tg5, per esempio): nonostante sia arrivata una sentenza di assoluzione, il giro di prostituzione ad Arcore è realmente avvenuto. È un fatto provato e dimostrato da tempo che questo giro è esistito e sono state provate anche le sue modalità. Berlusconi ha sempre affermato alla stampa e ai suoi elettori che nella sua villa non si sono mai svolti spogliarelli, spettacoli sexy o serate all'insegna di sesso a pagamento, bensì solo “cene eleganti”. Viene invece fuori che il giro di prostituzione ad Arcore esisteva eccome: esso è un fatto provato, anche per quanto riguarda la prostituzione di minorenni. Esistono prove inconfutabili che le Olgettine, Ruby compresa, avevano rapporti sessuali in cambio di denaro. Vogliamo spiegare come mai nonostante indizi tanto espliciti si sia giunti a una sentenza di assoluzione, dopo che in primo grado era arrivata la condanna.

Perché è caduta la prostituzione minorile?
     Per quanto riguarda il reato di prostituzione minorile, esso secondo la Corte d’Appello «non costituisce reato» (non dice che non sussiste). Questo perché la difesa legale di Berlusconi è riuscita a provare, attenzione, non che Berlusconi non abbia avuto rapporti di prostituzione con Ruby (il che come detto è provato), ma che Berlusconi non sapesse che Ruby fosse minorenne. Ecco spiegato perché cade l’accusa di prostituzione minorile.

Perché è caduta la concussione?
     Per il reato di concussione, fermo restando che i giudici renderanno note entro 90 giorni le motivazioni della sentenza, ecco cosa può essere successo.

     Fino al 2012 è esistito il solo reato di concussione (vecchio articolo 317 del codice penale), che consiste nel portare un funzionario pubblico a fare qualcosa sotto pressioni in maniera indebita. La concussione poteva avvenire per costrizione o per induzione: la differenza era poca e in tutti i casi la persona concussa era considerata vittima del concussore. Ma Berlusconi, aiutato nel 2012 da Monti, fa varare la legge cosiddetta “anti-corruzione”, ovvero la legge Severino, la quale prende il reato di Berlusconi (la concussione) e lo disgrega in due fattispecie: da una parte abbiamo la concussione per costrizione (nuovo art. 317 c.p.), dall’altra una induzione indebita (art. 319-quater c.p.), reato meno grave.

     Ora, la Procura di Milano avrebbe preferito procedere contestando il reato di induzione, ma il Tribunale di Milano si è ritrovato a scegliere: se Berlusconi avesse costretto Ostuni a far rilasciare Ruby, allora il reato sarebbe stato concussione (per costrizione) e la Questura di Milano (quindi anche Ostuni) sarebbe stata vittima; se Berlusconi avesse invece indotto Ostuni senza costringerlo, allora il suo reato sarebbe stato diverso (induzione indebita) e soprattutto meno grave, e in tal caso anche la Questura avrebbe avuto una sua responsabilità perché Ostuni poteva rifiutarsi di obbedire.

     Il Tribunale ha scelto la prima strada, ma questa tesi non ha retto in appello, perché, anche se la telefonata c’è stata e Ruby è stata liberata per paura di far arrabbiare Mubarak, non è stata provata alcuna costrizione da parte di Berlusconi. Significa che i legali di Berlusconi sono riusciti a far passare l’idea che Berlusconi era veramente convinto che Ruby fosse la nipote di Mubarak e che quindi abbia agito in buona fede con quella telefonata. Verrebbe da chiedere: e a Berlusconi chi l’ha detta questa cosa? E soprattutto: come poteva andare a letto con la nipote di Mubarak (fatto provato), se davvero lo era? Inoltre, come viene in mente a Berlusconi di affidare nientemeno che la parente di un presidente a una prostituta, subito dopo essere stata liberata? E ancora, come mai ci sono stati tanti flussi di denaro alle ragazze (Ruby compresa)?
     
Pietro Ostuni
Lasciamo aperti questi interrogativi e notiamo che la legge (Severino) dice che, affinché ci sia concussione, la persona concussa (Ostuni) deve aver ricevuto un vantaggio, un tornaconto, di cui però non si è provata l'esistenza (anche se appare molto chiaro agli occhi del buon senso che Ostuni, nell’accondiscendere alle pressioni di Berlusconi, avrebbe evitato di compromettere la sua carriera e questo sarebbe eccome un vantaggio). Quindi, prima del 2012 Ostuni sarebbe stato concusso e sarebbe stato vittima di un reato, ma siccome è cambiata la legge, il fatto che Ostuni non abbia ricevuto alcun vantaggio ha ora rilevanza, quindi il reato non è di concussione, quindi il fatto contestato dal Tribunale (la concussione, appunto) «non sussiste». O, come fa notare Marco Travaglio, non sussiste più.

     Come si vede, modificando la legge durante il processo, è stato cambiato linsieme dei parametri con cui valutare il caso e questo ha molto probabilmente condizionato la sentenza.
Piccola nota: non è un caso che la modifica del reato di concussione attraverso la legge Severino sia avvenuta con le forze congiunte di Pdl e Pd. Essa è infatti servita anche a Filippo Penati, braccio destro di Bersani.

     Lo sbaglio è stato insistere con la tesi della concussione per costrizione, che mal di adattava alla natura dei fatti. Perfino un giornale come Il fatto quotidiano, che berlusconiano non è, aveva sostenuto l’inadeguatezza della tesi della costrizione, dichiarando “paradossalmente” che Berlusconi avrebbe dovuto scontare una pena minore da quella proposta dall'accusa (7 anni), proprio perché alla sua condotta si adattava meglio la fattispecie dell’induzione indebita che, come dicevamo poc’anzi, è meno grave e quindi punita meno gravemente.

Dopo la sentenza
     La colpevolezza di Berlusconi era da tempo talmente evidente che, quando è arrivata la notizia della sentenza di assoluzione, i primi a mostrarsi sorpresi sono stati proprio Berlusconi e i suoi legali Filippo Dinacci e Franco Coppi (indagato nel processo Ruby ter) che si lascia uscire di bocca «la sentenza va oltre le più rosee aspettative» (i due legali hanno sostituito i “trombati” Longo e Ghedini, anch’essi indagati nel Ruby ter).
     E subito si festeggia e si sbandiera l’innocenza plenaria di Berlusconi, come se essere stato assolto da questo unico processo lo avesse reso innocente rispetto a tutti gli altri numerosissimi capi d’accusa collezionati nella sua carriera. Ma per il suo elettorato schizofrenico possono avvenire anche simili assurde magie. Per quel tipo di elettori potrebbe essere falsa anche la sentenza di condanna che Berlusconi ha collezionato per evasione fiscale (condanna definitiva!) o altre.
     E, a proposito di schizofrenia e totale alienazione dalla realtà, ecco che dopo la sentenza Berlusconi afferma che la magistratura «ha dato conferma di quello che ho sempre asserito: ovvero che la grande maggioranza dei magistrati italiani fa il proprio lavoro silenziosamente, con equilibrio e rigore ammirevoli». Proprio lui che ha sempre detto di disprezzare la “razza” dei giudici perché in Italia sono individui eversivi che minano la democrazia.
     Per completare il quadro delle stranezze e delle assurdità, ecco spuntare (se mai lo si possa dire di lui) Brunetta che torna a chiedere la grazia. Un Leitmotiv che credevamo estinto…

     Ora l’ultima parola spetta alla Cassazione: essa deciderà se confermare la sentenza di appello o se ordinare un processo di appello nuovo per motivi di illegittimità. Nel frattempo esiste il Ruby ter, che vede Berlusconi indagato in corruzione di atti giudiziari: se si provasse che Berlusconi ha davvero pagato le ragazze perché mentissero, tutto il processo principale potrebbe essere rivisto.

     
La conseguenza di tutto il fattaccio è che il famoso accordo del Nazareno, sottoscritto lo scorso gennaio da Berlusconi e Matteo Renzi nientemeno che nella sede del Pd, rimane in piedi e anzi è ora più forte che mai. Ma niente paura, cari elettori del Pd: se temevate che il vostro Renzi potesse avere un minimo di pudore per il fatto di scendere a patti con un criminale delinquente condannato, puttaniere, evasore provato e amico di mafiosi, sappiate che per Renzi il patto sarebbe andato avanti anche in caso di condanna: «Avrei mantenuto la parola anche se Berlusconi fosse stato condannato». Quando uno ha spessore istituzionale.



lunedì 26 maggio 2014

Elezioni europee: vi dico perché Renzi ha vinto

     Vediamo di metter giù giusto un paio di osservazioni all’indomani delle elezioni europee, giusto per capire quali forze stanno agendo nell’opinione pubblica e quali nella politica. Partiamo dalla cosa più ovvia: i risultati.
     Matteo Renzi porta il Pd attorno al 41%, migliorando la prestazione oscillante delle scorse politiche, che lo vedevano attorno al 26%; segue al secondo posto, attestandosi come prima forza di opposizione, il Movimento5Stelle, che subisce un calo e prende circa il 22%; più in basso troviamo Forza Italia, che cala di molto al di sotto le sue aspettative, indossando il bronzo del 16%; abbiamo poi Lega nord al 6,5%; L’altra Europa con Tsipras supera lo sbarramento del 4% e pare che sia entrata nel parlamento europeo; più difficile la posizione di Alfano che rischia di non superare la quota limite, mentre Fratelli d’Italia annaspa sotto il 3,5%; i Verdi, Idv e Scelta europea non raggiungono il punto percentuale. Affluenza alle urne: circa il 58%, poco più della metà degli aventi diritto al voto.

Il successo di Renzi
     Renzi aveva un compito da quando ha vinto le primarie: ridisegnare il volto del Pd, che usciva sfigurato dalla fallimentare campagna elettorale di Bersani e al contempo apparire all’Europa come leader affidabile alla guida del paese. Lo scontro è stato chiaro fin da subito: Renzi VS Grillo. Renzi è riuscito a guadagnare circa 2,5 milioni di voti dalle ultime politiche, mentre i 5Stelle ne hanno persi circa 2 milioni: sembra quasi che Renzi si sia ripreso i voti di Grillo.
     Come spiegare questo primo dato? Bisogna ricordare che molti elettori 5Stelle rappresentano voti di “esclusione”, ovvero provengono da elettori che si riconoscevano già in questo o quel partito, ma che a causa delle forti delusioni di alcuni mesi fa avevano deciso di spostare la loro preferenza elettorale. Questi voti di protesta, quindi, non rappresentano elettori che si riconoscano fermamente nel Movimento5Stelle, ma gente delusa, per lo più ex Pd “arrabbiati” col loro partito. Ora, da quando Renzi ha cominciato a impostare la sua campagna elettorale – prima con le primarie, poi con le europee, giacché per diventare premier non ne ha avuto bisogno – è stato bravo a non trasmettere all’elettorato ciò che invece gli era stato trasmesso dai governi precedenti di Monti e Letta: la sfiducia. Ragionevole, quindi, che i vecchi elettori Pd siano ritornati all'ovile. Renzi ha impostato la sua comunicazione sull’ottimismo (che potremmo definire “irrealistico”), laddove i suoi predecessori erano stati costretti a parlare di aumento delle tasse, danni al sistema pensionistico, mancata riforma del mercato del lavoro (ricordiamo la riforma Fornero). Le personalità di questi cattivi governi erano sfacciate, chiuse, non andavano verso la gente: emblematica la frase di Monti «La crisi la pagheranno soprattutto i cittadini più deboli perché hanno poco ma sono in tanti».
     L’atteggiamento di Renzi, invece, è stato diverso: si è guardato bene dall’avvertire la gente dei rischi delle sue riforme, anzi, ha infuso speranze di miglioramento, anche se non ha mai spiegato come potesse realizzarlo (ma questi sono dettagli secondari per l’elettorato). Ecco allora che spunta la promessa degli 80 euro. È lo stesso meccanismo che salvò Berlusconi tante volte: «Votatemi e vi do il 10%», commentava ironicamente Benigni in un suo famoso show.

Medaglia d’argento per Grillo
     E Grillo? Mirava alla vittoria nuda e cruda: lo slogan “vinciamonoi” non è servito e per uno che aspirava a tanto, il 20% fa un po’ male. Credo che i suoi errori siano stati due. Il primo riguarda la comunicazione: ha dato troppa corda ai giornali, che hanno avuto pretesti per dipingerlo come “uno che sa solo gridare e insultare”, un fare che a confronto con la calma “educata” di Renzi, trasmette meno sicurezza a un elettorato che oggi è meno arrabbiato e più impaurito dalla crisi: Grillo è stato più realista (e, se permettete, anche più onesto) di Renzi, perché ha presentato agli elettori i rischi che si corrono in questo paese, ne ha denunciato i mali e portato la gente a focalizzarsi sui “cattivi”, che pure ci sono, come dimostrano le indagini della magistratura e i dati finanziari, e questo ha trasmesso ansia; Renzi, invece ha “distratto” la platea, deviando il corso delle riflessioni dai temi veri e portandoli a guardare altrove, come fa il prestigiatore che ti fa guardare la mano sinistra mentre nasconde la carta con la destra. E questo, concedetemelo, è un po’ triste: conferma che alla gente non importa cosa si può realisticamente fare, ma cosa gli fai sperare. Conferma che da noi vince che imbambola meglio. Così com’è triste il fatto che Renzi sia riuscito a “comprarsi” il voto di tanti con 80 miseri euro, mentre azioni ben più importanti come la protezione dell’articolo 138 dell Costituzione da parte dei “grillini” o il blocco di molti altri decreti improponibili non rimangono nella memoria delle persone e non pesano quando ci si rappresenta mentalmente il Movimento pentastellato. Sono processi noti agli “esperti”, ma la gente non ci riflette.
     Il secondo errore di Grillo riguarda la scelta dei mezzi: Grillo ha scoperto e sfruttato troppo tardi il potere di leva dei mass media. Nel 2013 era riuscito a sfondare usando la rete e appoggiandosi sull’acutissimo clima di antipolitica diffuso in quei mesi. Ma nel 2014, con un Renzi che fa sognare ad occhi aperti le persone, che quindi tornano a interessarsi di politica, la rete non basta più. La gente si forma opinioni guardando la televisione. Ecco quindi che Casaleggio rilascia interviste e Grillo va da Vespa. Ma era troppo tardi: ormai l’opinione pubblica aveva già il suo “modello mentale” bello e formato; inoltre Renzi è in televisione praticamente da sempre (ha cominciato con la Ruota della Fortuna!), la sua immagine mediatica è molto più solida e definita, i suoi contorni sono più chiari, i tratti che lo caratterizzano sono un punto di riferimento molto più saldo. I pentastellati dovranno accontentarsi di essere la prima forza politica di opposizione.
     Staremo a vedere se davvero lascerà perdere il Movimento, come aveva preannunciato in caso di non vittoria, o se continuerà.

La decadenza (in tutti i sensi) di Berlusconi
     Poi c’è Berlusconi. La morte politica del Caimano merita poche parole. In effetti la sua immagine ha subìto vari colpi e sarebbe stato inverosimile che il suo consenso non subisse dei cali, perfino in un paese povero di memoria come il nostro. La condanna definitiva dal processo Mediaset, la pena ai servizi sociali, l’altra condanna in primo grado al processo Ruby, lo scandalo Cosentino, il caso De Gregorio e la compravendita di senatori, poi la condanna Dell’Utri, amico e braccio destro di Silvio… La credibilità dovrà pur risentirne! E neanche più di tanto, comunque. Berlusconi perde qualche punto dalle ultime politiche ed è pesantemente sotto il suo obiettivo (il 20%), ma resta comunque in campo, accontentandosi di un 15%. Qualche elettore nostalgico non ha smesso di sperare ed è ancora sensibile alle sue promesse paradossali (si è passato dal «Vi restituisco l’Imu» a «Regalo dentiere per anziani»). Il lupo perde il pelo, ma se lo può sempre ritingere.

Tsipras, l’“Altra Europa” che si fa strada
     La vera novità di queste elezioni rigurda però una sinistra di importazione. L’altra Europa con Tsipras, leader di Syriza (che in Grecia ha sfondato sfiorando il 27%), è il movimento anti-Merkel che pare sia riuscito a superare la soglia di sbarramento entrando nel parlamento europeo. Sono in molti ad aver sperato su questa forza, che pare sia la sola forza che abbia sapore di sinistra nel nostro paese: da Stefano Rodotà, celebre giurista (candidato dei 5Stelle alla Presidenza della Repubblica, quando i franchi “traditori” del Pd votarono per Napolitano, rifiutando il “loro” Prodi), a Gustavo Zagrebelsky (famoso costituzionalista), a Piergiorgio Odifreddi (lo scienziato e matematico), a Rita Borsellino, sorella del magistrato Paolo Borsellino, ad Antonio Ingroia (il magistrato a cui dobbiamo il processo sulla trattativa Stato-mafia)… Tsipras ha esportato il suo movimento in Italia dove ha trovato un’accoglienza migliore del previsto, dichiarando – come dice il suo motto – di voler pensare “prima alle persone”. Il deputato ellenico si caratterizza per la sua forte avversione alle politiche di austerità promosse dalla Germania di Angela Merkel che hanno portato i paesi dell’Unione (soprattutto la Grecia) nella misera più totale. Se pensiamo al poco preavviso con cui la lista è stata pubblicizzata, il risultato mostra buone possibilità di crescita future per il movimento. Lo terremo sott’occhio.

     Ritengo che queste fossero le forze di cui valesse la pena parlare. Delle altre «fia laudabile tacerci», per dirla con Dante. Ora che Renzi si è assicurato un appoggio più solido vorrà sicuramente spingere per arrivare alle elezioni politiche, di certo in autunno. Solo ora, certo, non prima, nonostante la Consulta abbia dichiarato da mesi che l’attuale legge elettorale non va bene e agli italiani servisse tornare al voto al più presto. Gli altri dovranno lavorare un sacco per competere con questa ondata emotiva di ottimismo, altrimenti il Pd sarà legittimato a governare. E finora lo ha fatto con Berlusconi a fianco. Vedete voi…