venerdì 25 dicembre 2015

Scavi di Pompei, riaprono 6 nuovi edifici appena restaurati

     Sei nuovi edifici tutti da riscoprire che tornano alla luce e agli occhi del pubblico, arricchendo così ancora di più l’offerta culturale del sito archeologico dell’età romana più prezioso del mondo, gli scavi di Pompei. È l’ultima tappa, appena conclusasi, del Grande Progetto Pompei, iniziato nel 2012 e sovvenzionato da sovrintendenza italiana e fondi europei per un totale di 105 milioni di euro e che si propone di rivalorizzare il sito, dopo la triste stagione dei crolli e della prolungata incuria che ha visto la vera e propria “morte” di alcuni pezzi del sito archeologico.

     Dopo la riapertura della Casa degli amorini dorati nel 2013, questo 2015 era cominciato con il restauro della famosissima Villa dei Misteri: a fine anno, poco prima di natale, si chiude in bellezza con la ripresentazione di un gruppo di edifici.

Una delle vasche della fullonica.
     Il primo è una lavanderia-tintoria, la fullonica di Stephanus (presunto proprietario). Una fullonica era la bottega di un fullo, un lavandario-tintore appunto, ovvero un luogo dove i capi venivano lavati e colorati. L’edificio era in origine un’abitazione e successivamente fu trasformato per essere adibito alla lavorazione delle stoffe: al piano inferiore l’impluvium (la vaschetta che raccoglieva l’acqua piovana) fu adibita a vasca per il lavaggio e la tintura (per le quali si usavano soluzioni con acqua, soda e perfino urina, molto usata per il lavaggio nel mondo romano), al piano superiore c’era invece la parte abitativa e vi si asciugava i panni. Nel fondo del giardino erano presenti altre vasche intercomunicanti dove degli operai (quasi tutti schiavi) pestavano coi piedi i tessuti nelle soluzioni colorate dove avveniva la fase di tintura.

Interno del criptoportico.
     Gli altri cinque edifici sono abitazioni private, come la sontuosa domus detta del criptoportico, cioè del portico nascosto al di sotto del giardino, che è appunto il pezzo forte dell’abitazione, molto sontuosa e grande. Il criptoportico corre su tre lati del giardino, è fenestrato e presenta un soggiorno (oecus) e degli ambienti termali. Al suo interno si possono ammirare delle pitture con episodi tratti dall’Iliade realizzati col II stile. La domus è stata più volte ampliata ed era in fase di ristrutturazione al momento dell’eruzione del 79 d.C. e infatti durante il suo ritrovamento furono rinvenuti numerosi intonaci affrescati. Per non parlare del suo impianto termale, vero e proprio lusso all’epoca (nel mondo romano ci si lavava praticamente solo alle terme, perché non esisteva il bagno in casa e delle terme private erano un vero e proprio status symbol). L’opera di restauro è stata divisa in tre fasi e ha compreso la ricostruzione di numerose strutture in legno di ciò che i bombardamenti del 1943 hanno distrutto.

     Seguono la casa del Sacerdos Amandus. Secondo le ricostruzioni e come indica la scritta sulla parete esterna, la casa sarebbe appartenuta a un certo Amandus, che di professione faceva appunto il sacerdos, ovvero il sacerdote. Al momento del primo scavo, risalente al 1924, furono rinvenuti degli scheletri di adulti e bambini vicini alla porta di ingresso: quasi certamente provarono a scappare prima del crollo. La casa si contraddistingue per le numerosissime scene mitologiche che abitano le sue pareti.


Triclinium estivo nel giardino della domus dell'efebo.
     Altra abitazione a essere stata restaurata è la domus detta dell’efebo. L’efebo è nell’antica Grecia il nome dato al ragazzo che si trovava nell’età dell’ephebìa, cioè tra i 18 e i 20 anni, e si può quindi tradurre con giovane adolescente. Nell’arte greca l’efebo è un tipo di statua che rappresenta appunto un giovane. La domus pompeiana prende questo nome da una piccola statuetta in bronzo rappresentante un efebo che aveva la funzione di portalampada per illuminare la mensa del giardino: si tratta di una copia di un originale greco risalente alla metà del V secolo a.C. e si trova attualmente nel museo archeologico nazionale di Napoli.
     La domus dell’efebo è la tipica casa dell’esponente del ceto mercantile che si è arricchito con la sua attività. In realtà si tratta di un complesso abitativo formato da più case comunicanti ed è particolarmente fastosa, infatti presenta ben tre ingressi. Al suo interno sono state rinvenute anche statuette di placentari, cioè venditori di placentae (una sorta di focaccia o pizza), usate come portatori di ciotole per salse usati durante i banchetti e anch’essi attualmente ospitati al museo archeologico nazionale di Napoli.

     I visitatori potranno ammirare anche la domus di Paquius Proculus, un candidato duumviro della città di Pompei poi effettivamente eletto (i duumviri erano a capo dell’amministrazione e possono essere paragonati ai moderni sindaci). La casa conserva questo nome perché sulle mura esterna c’era una scritta elettorale con il nome di Proculo, realizzata durante una campagna elettorale. In realtà la scritta non indica il proprietario, che era invece tale Terentius Neo, un panettiere di probabili origini sannitiche che è riuscito ad arricchirsi e ad acquistare lo status di cives (cittadino) e di cui è stata ritrovata in casa una pittura raffigurante egli e sua moglie (in principio si pensò che i soggetti del dipinto fossero Proculo e la consorte), oggi conservata al museo archeologico di Napoli.

     La casa possiede al suo interno un bellissimo pavimento a mosaico, che accoglie all’ingresso i visitatori con la figura di un cane da guardia legato a un battente di una porta e che prosegue nell’atrio con vari riquadri che fanno da cornice a diversi animali. Nell’esedra della domus furono ritrovati degli scheletri di fanciulli.




     Ultima perla di questo pacchetto è la domus di Fabius Amandius, una piccola casa del ceto medio.
Domus di Fabius Amandius, interno.

     La fine dei lavori e la riapertura sono stati celebrati con un’inaugurazione il 23 dicembre 2015. Molte le autorità presenti: dal premier Renzi, al ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini, al sindaco di Pompei Ferdinando Uliano, al soprintendente Massimo Osanna, al direttore del Grande Progetto Pompei il generale dei carabinieri Giovanni Nistri, al presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. Alla cerimonia inaugurale ha partecipato anche il regista Pappi Corsicato, che ha diretto il cortometraggio voluto dalla regione Campania e dalla Scabec e proiettato nell’Auditorium degli Scavi, intitolato Pompei, eternal emotion.

     La regione Campania ha però pensato anche ad altro: grazie alla Scabec (Società Campania beni culturali), una società di capitali creata nel 2003 al fine di valorizzare il sistema dei beni e delle attività culturali quale fattore dello sviluppo della Regione Campania, e grazie a Campania>Artecard sono stati creati due percorsi guidati che intendono far conoscere nel dettaglio le domus appena restaurate, portando i visitatori in aree normalmente non accessibili. I percorsi sono attivi dal 26 dicembre 2015 al 10 gennaio 2016 (escluso il 1° gennaio), sono compresi nel prezzo del biglietto di ingresso ma necessitano di prenotazione.
     Il primo percorso si chiama Di domus in domus (visite dalle ore 10:00 alle 15:00 – biglietteria di Piazza Esedra) e porterà i visitatori a scoprire nel dettaglio le domus sopra descritte; il secondo è Memorie e suggestioni – Viaggio dal 79 d.C. ad oggi (visite alle ore 11.00, 13.00, 15.00 – biglietteria di Porta Anfiteatro) e guiderà il pubblico nella palestra grande (usata un tempo per allenarsi in attività ginniche e ricca di affreschi della Villa di Moregine), nell’Anfiteatro e alla Piramide di legno che è stata progettata da Francesco Venezia e costruita nell’arena dell’Anfiteatro, al cui interno sono esposti i calchi delle vittime dell’eruzione.

Per informazioni e prenotazioni 800 600 601 cellulari ed estero +39 06 39967650,
oppure visitate il sito www.campaniartecard.it.

domenica 20 dicembre 2015

Scripta manent, n. 23 – Come non farsi manipolare dal potere: il decalogo di Chomsky

     Noam Chomsky è un celebre linguista e teorico della comunicazione. Attento osservatore della realtà sociale e dell’uso della comunicazione che il potere fa, ha prodotto degli scritti che abbracciano anche la sfera politico-sociale, oltre che quella prettamente linguistica. I suoi studi sono conosciuti in tutto il mondo e quello che leggerete nelle prossime righe è un elenco in cui vengono presentati i principi a cui il cattivo potere si ispira per controllare – e ingannare – le persone.
     Si tratta di “regole” che stupiscono per la loro semplicità e per la loro attualità, vere e proprie strategie per danneggiare le masse, usate dalle lobby e dalla cattiva politica. Chiunque non potrà che trovare estremamente utile questo riferimento, specie di questi tempi, per imparare a difendersi dai gruppi di potere malintenzionati.
     Leggendo, molti forse si renderanno conto anche di come sia stato possibile giungere ad accettare nel nostro paese scelte sbagliate volute o comunque attuate dalla politica senza che si creasse una vera opposizione nell'opinione pubblica. Ma più che mai, questo decalogo ha il vantaggio di ribadire una cosa: che in democrazia è il popolo a essere sovrano, quindi se le cose vanno male la responsabilità è soprattutto del popolo, non di poche centinaia di politici, e per questo sono le persone nel loro insieme a dover innescare il cambiamento: imparare questa lista può essere un ottimo inizio.


1 – La strategia della distrazione. L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti. La strategia della distrazione è anche indispensabile per evitare l’interesse del pubblico verso le conoscenze essenziali nel campo della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia e della cibernetica. Sviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali, tenerla imprigionata da temi senza vera importanza. Tenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza dargli tempo per pensare, sempre di ritorno verso la fattoria come gli altri animali.


2 – Creare il problema e poi offrire la soluzione. Questo metodo è anche chiamato “problema–reazione–soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà. Oppure: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.


3 – La strategia della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi. Questo è il modo in cui condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni 80 e 90: uno Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.


4 – La strategia del differire. Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il consenso della gente per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro di quello immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto immediatamente. Secondo, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. In questo modo si dà più tempo alla gente di abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il momento.


5 – Rivolgersi alla gente come a dei bambini. La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si tende ad usare un tono infantile. Perché? Se qualcuno si rivolge ad una persona come se questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della suggestionabilità, questa probabilmente tenderà ad una risposta o ad una reazione priva di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno.


6 – Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione. Sfruttare l’emotività è una tecnica classica per provocare un corto circuito dell’analisi razionale e, infine, del senso critico dell’individuo. Inoltre, l’uso del tono emotivo permette di aprire la porta verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o per indurre comportamenti.


7 – Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità. Far sì che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori.


8 – Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità. Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti.


9 – Rafforzare il senso di colpa. Far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile della proprie disgrazie a causa di insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In tal modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno stato di repressione di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire. E senza azione non c’è rivoluzione!


10 – Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca. Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa.


Noam Chomsky, Media e potere


sabato 19 dicembre 2015

A ruota libera: i 10 + 1 spot di auto più belli (nuova versione)

     Nel febbraio 2011 ho pubblicato su questo blog una classifica dove raccoglievo i dieci spot di automobili più belli allora in circolazione. Video brevi e geniali che si sono contraddistinti per la creatività e la potenza comunicativa nella presentazione di veicoli di varie case costruttrici.
     Questo che leggete è una versione aggiornata di quel post, arricchito con una chicca alla fine: lo spot di auto perfetto.
     Se avete voglia di rimanere a bocca aperta, ripercorrete la scalata verso la perfezione e giungete spot dopo spot al capolavoro che vi mozzerà il fiato.
     Procediamo dunque in ordine crescente di bellezza: dieci piccole perle più una perla finale che vi faranno vedere quanto si può comunicare con le quattro ruote!


Alfa Romeo 159 Sportwagon
     La bellezza di questo spot non fa affatto leva sull’auto in questione, di cui si vede una manciata di fotogrammi solo alla fine; piuttosto esso è degno di nota per l’aforisma di Erasmo da Rotterdam sulla follia come elemento naturale dell’uomo, letto da una calda voce maschile sulle note di Goldfish di Michael Andrews.



Ford Focus
     Un palco, un’orchestra e degli strumenti musicali alquanto atipici. Titolo della melodia: Ode to a Ford, “Ode a una Ford”, pezzo espressamente scritto per questa pubblicità. Dove sta il bello? Nel fatto che la melodia è “suonata” usando i pezzi originali dell’auto: marmitte, sportelli, volanti, cofani… tutti riarrangiati a mo’ di strumenti musicali. La melodia è carina e a chi volesse ascoltarne la versione integrale lascio il video completo qui. Lo slogan viene da sé: «Nuova Ford Focus: magnifica esecuzione».



Peugeot 207
     Al movimentato ritmo di Heartaches dei The Marcels, due coccinelle innamorate e piene di focosa passione si lasciano andare in espliciti scambi di effusioni nell’abitacolo dell’auto qui pubblicizzata, al punto da farla dondolare in mezzo al traffico in pieno giorno, quasi fosse l’amplesso della tipica coppietta clandestina costretta a “farlo in macchina” il sabato sera nell’angolino appartato di un parcheggio. Il tutto sotto gli occhi increduli dei passanti, che vedono l’auto muoversi apparentemente da sola. Lo slogan è esplicativo: “New Peugeot 207… and everything is more intense!”




Audi S3
     Talmente leggera e guidabile che la si può usare per suonare. Questo è ciò che vuole dire questa pubblicità, in cui vediamo una famosa auto tedesca destreggiarsi in giro per una città, su strade costeggiate da bottiglie di vetro diversamente riempite d’acqua. Passando vicino a esse, con appositi plettri montati sui cerchioni, l’auto le sfiora e, dosando bene la velocità, ne fa uscire un motivetto famoso che riconoscerete subito.



Mercedes Benz Classe C
     La vettura viene qui descritta col mix di due qualità che devono riassumerla: la potenza, personificata da un toro selvaggio, e l’eleganza, che ha le forme di una bella ballerina. Le immagini di questi due protagonisti sono prese da due video diversi sovrapposti uno all’altro, così da essere mostrati contemporaneamente: in questo modo, attraverso un sapiente uso di questo semplice effetto speciale, vediamo il toro e la ballerina muoversi armoniosamente su uno sfondo comune, con grande sincronia di movimenti e di pose, come se si fossero accordati prima. Come a raccontare, con gesti diversi, il succo della questione: che cioè «la potenza incontra l’eleganza», come dice lo stesso spot in conclusione. Molto poetico!



Audi A3 1.6 TDI Young Edition
     Una bella metafora per una bella macchina. Un gigantesco cubo di Rubik di cristallo 9×9×9 è sospeso a mezz’aria in una stanza: in ogni cubetto che lo compone c’è un pezzo dell’automobile, che all’inizio è quindi frammentata e dispersa nelle sue componenti all’interno del cubo. Ma, proprio come il famoso rompicapo inventato da Ernõ Rubik nel lontano 1974, anche il cubo di cristallo inizia a ruotare attorno ai suoi assi e ad ogni rotazione i pezzi della vettura si incontrano, incastrandosi uno nell’altro. Mentre la bella colonna sonora di Thomas Süss (creata appositamente per questo spot) va avanti, vediamo l’auto prendere forma mano mano dentro questa geometria intelligente. Alla fine, quando il cubo è stato “risolto”, l’automobile nel suo complesso appare montata all’interno delle facce trasparenti. La scelta di questa rappresentazione si giustifica nello slogan dello spot: «Tecnologie efficienti, intelligentemente combinate».



Citroën Xsara Picasso
     Uno spot famosissimo che tutti conoscono. Cominciava con la canzone dei Pink Martini Sympathique. Siamo in una catena di montaggio di automobili: uno degli spruzzatori che dovrebbero verniciare il telaio dell’auto si lascia prendere dalla sua vena creativa e, invece di stendervi sopra la solita, sterile vernice grigia, si sbizzarrisce a comporre dei motivi palesemente ispirati alla pittura cubista. Un sorvegliante passa per il giro di controllo, lo spruzzatore lo nota: rimette subito a posto il telaio-tela coprendo gli schizzi proibiti… ma non si nega la soddisfazione di lasciare almeno una firma su quell’auto e perciò si avvicina alla fiancata e scrive, chiaro ed evidente, “Picasso”.



Volkswagen Polo
     Uno spot che nella bigotta Italia non potrebbe mai andare in onda. E infatti viene direttamente dalla Germania, accompagnato dal pezzo di Darwin Reez Radar detector. Questa volta, però, non vi scrivo alcuna didascalia, perché per apprezzare lo spot lo si deve davvero soltanto guardare: raccontandolo, vi toglierei il gusto. Alla fine dello spot appare una scritta: “Unverschämt gut”. È un gioco di parole: significa “incredibilmente buono”, ma “unverschämt” da solo vuol dire “sfacciato”, “sfrontato”, “spudorato”, “insolente”. Capirete perché…



Citroën C4
     Un’auto robot, appena “svegliata”, fa stretching vicino a un cartello di un parcheggio a pagamento. Finiti gli esercizi, si ritrasforma in autovettura. Ma, appena parte la musica Jacques your body (Make me sweat), eccola che non resiste, si rialza letteralmente “in piedi” e, ritrasformatasi in versione robot antropomorfo, si scatena in una simpaticissima danza che ricorda le movenze di Tony Manero in Saturday night fever. Evidentissima la fonte cinematografica cui lo spot s’ispira: si tratta del film Transformers, dove i protagonisti sono appunto organismi robotici che si trasformano in veicoli di locomozione. Uno spot fenomenale!



Di questo spot esiste anche un’altra versione, sempre ispirate al film Transformers.


Peugeot 206 Coupé Cabriolet
     E veniamo al penultimo spot, decimo di questa lista, migliore dei precedenti a mio parere. Al centro di un giardino principesco, colorato dalle note di Simply beautiful di Al Green, un pavone maschio si avvicina alla Peugeot, scrutandone incuriosito le linee eleganti. Preso dall’invidia, il pavone decide di lanciare all’auto il guanto di sfida e, messosi a paupulare con tanto di eco per ribadire il suo primato di più bello, eccolo aprire, fiero e orgoglioso, la sua bellissima coda. La vettura non si scompone: si limita ad aprire il suo tettuccio decappottabile con altrettanta serafica lentezza. Il pavone resta colpito: non se l’aspettava! Riconosciuta la sua inferiorità, richiude la coda e abbassa la testa in segno di sottomissione. GENIALE!!!



Volvo Globetrotter Truck
     E adesso lo spot bonus. Il meglio del meglio. Il diamante di questa classifica.
     Il veicolo è un camion della Volvo e l’obiettivo è trasmettere al pubblico l’idea della stabilità su strada e della precisione di guida che si può ottenere con un simile veicolo. Come fare? La soluzione a cui sono giunti i cervelloni che hanno ideato lo spot è davvero da standing ovation. Ecco la struttura di questo poema pubblicitario: lo spot parte con un primo piano dell’attore (allora 53enne) Jean-Claude Van Damme, famoso per i suoi film di combattimento, per i suoi calci rotanti in aria e per la sua celeberrima spaccata. Il volto è impassibile, concentrato, le braccia incrociate e gli occhi inizialmente chiusi; poi gli occhi si aprono e la sua voce fuori campo comincia a raccontare: «Ho avuto i miei alti e bassi. La mia parte di ostacoli e venti contrari. Sono le cose che mi hanno reso ciò che sono oggi. Ora sono qui davanti a voi. Quello che vedete è un corpo scolpito alla perfezione. Un paio di gambe forgiate per sconfiggere le leggi della fisica e una mente in grado di dominare la più epica delle spaccate».
     Mentre la voce va avanti, l’inquadratura si allarga, si scopre l’attore in piedi sugli specchietti laterali di due camion Volvo color oro che percorrono una strada solitaria in retromarcia, il sole appoggiato sull’orizzonte nel momento in cui sorge. Parte la musica: è Only time di Enya, si sentono i primi versi, “Chi può dire dove vada la strada, dove scorra il giorno? Solo il tempo...”.
     Mentre i due giganti meccanici indietreggiano e l’attore rimane immobile e granitico in quella insolita posizione, il camion di sinistra compie una manovra pericolosa ma precisissima: si allontana dal suo gemello. Van Damme non si scompone: asseconda il cambio di traiettoria divaricando le gambe, sempre mantenendosi fermo, fino a produrre «la più epica delle spaccate», geometricamente ed anatomicamente perfetta. Fermo così, appoggiato solo coi piedi sugli specchietti laterali, Van Damme rimane fermo mentre i veicoli continuano la loro marcia inversa, con una precisione chirurgica e una fermezza senza pari.


     Il video, girato nel 2013 a Ciudad Real, a sud di Madrid, e diretto da Andreas Nilsson, è diventato virale in men che non si dica. Letteralmente esploso sulla rete, ha suscitato l’ammirazione di moltissimi utenti. Del resto pare proprio tutto perfetto: la location con il sole all’alba, il sottofondo musicale, l’idea di far marciare i veicoli all’indietro, rendendo la manovra ancora più difficile, e poi l’idea della spaccata impossibile, mai tentata da nessuno e quindi originalissima. Van Damme interpreta alla perfezione l’idea di precisione e di stabilità che si vuole trasmettere: la sua spaccata, lenta e disinvolta, asseconda la difficile manovra, fino a raggiungere la posizione stabile con cui si chiude il video. Il suo volto e la sua posa tradiscono un controllo totale dell’azione, esattamente come avviene per i veicoli.
     In molti si sono interrogati sulla fattibilità della “coreografia” e hanno sollevato polemiche e mostrato scetticismo, ma il regista Nilsson rivela che non ci sono trucchi. Nel senso che Van Damme è davvero all’in piedi su quegli specchietti, i due camion sono veri e proseguono davvero in retromarcia (si vede dal modo con cui il vento fa ondeggiare i pantaloni dell’attore), ma soprattutto è vera la spaccata (ma su quella chiunque abbia visto un film di Van Damme non avrà dubbi). Se si guarda bene lo spot, inoltre, ci si accorge che, oltre ai guidatori, sono presenti dei passeggeri sui veicoli, che controllano la corretta esecuzione della scena (se fosse stato realizzato tutto al computer non ci sarebbe stato bisogno di essi) e che per terra sono state disegnate delle strisce bianche che dovevano fungere da linee guida per i piloti al fine di consentire loro di eseguire le manovre avendo sempre un costante e chiaro riferimento. Tutta la sequenza è stata inoltre girata in una sola volta, senza interruzioni e soprattutto è riuscita al primo ciak.
     Il solo “ritocco” è la cancellazione via computer del gancio di sicurezza su uno dei camion a cui l’attore è stato fissato nel caso in cui qualcosa fosse andato storto e che lo avrebbe fatto rimanere sospeso in aria evitandogli una brutta caduta, una scelta ragionevolissima: la maestria non può diventare imprudenza e mettere a rischio la vita di una persona per uno spot sarebbe stupido. A parte questo ovvio dettaglio cautelare, tutto lo spot è autentico al 100%.
     Ad oggi, secondo il modesto parere del sottoscritto, questo è lo spot perfetto. Per immediatezza comunicativa, per qualità tecnica e per valore estetico. Giù il cappello!