giovedì 18 agosto 2016

Latine loquimur, n. 12

     Dopo una lunga pausa dall’ultimo numero, ritorna la rubrica sulle espressioni, frasi, proverbi e modi di dire latini che usiamo ancora oggi.
     Nota: la pronuncia scolastica è quella usata (e insegnata) in Italia; la pronuncia restituita è quella che, secondo le ricostruzioni, veniva realmente usata dai Romani.


More uxorio
[pronuncia scolastica: mòre ucsòrio]
[pronuncia restituita: mòre ucsòrio]

     Espressione usata soprattutto nel gergo giuridico, ma ben diffusa anche nel vocabolario comune. More vuol dire “come, secondo l’usanza, a mo’ di” e uxorio è un aggettivo che viene da uxor, che è la moglie e, in generale, il coniuge di una coppia di sposi. Possiamo tradurlo con “secondo l’uso matrimoniale” o “come marito e moglie”.
     L’espressione viene infatti riferita a tutti quei comportamenti dei membri di una coppia che, pur non essendo uniti in matrimonio ufficialmente, si comportano come se fossero sposati. Questo vale in particolare nei casi di convivenza: la convivenza more uxorio è la convivenza sotto uno stesso tetto, in cui due soggetti si amano e si prestano assistenza reciproca, proprio come marito e moglie, anche se non sono sposati tra loro.
     Fino a qualche anno fa questa locuzione si usava solo per i casi di concubinato, in cui un coniuge avesse una relazione segreta con un’altra persona, ma oggi, con l’affermazione della famiglia di fatto, è riferita con accezione non dispregiativa a tutte le coppie che convivono pur non essendo sposate, comprese le coppie omosessuali.


De gustibus non disputandum est
[pronuncia scolastica: de gùstibus non disputàndum est]
[pronuncia restituita: de gùstibus non disputàndum est]

     Spesso abbreviato con de gustibus..., l’abbiamo sentita tutti almeno una volta. Significa “sui gusti non si deve discutere”. Inutile polemizzare quando si tratta di preferenze personali: il relativismo dei gusti non può essere motivo di contesa e non si può dire che uno abbia torto o ragione a preferire questo o quello.
     La frase stronca sul nascere ogni inutile polemica e preserva le differenze individuali. Come si dice? Il mondo è bello perché è vario.


Et monere et moneri proprium est verae amicitiae
[pronuncia scolastica: et monère et monèri pròprium est vère amicìzie]
[pronuncia restituita: et monère et monèri pròprium est vèrae amichìtiae]

     Bellissima massima, che significa “Sia rimproverare (et monere) che lasciarsi rimproverare (et moneri) è tipico (proprium est) di una vera amicizia (verae amicitiae)”.
     Il vero amico, che davvero tenga a noi, ci fa notare i nostri sbagli e lo fa per il nostro bene. Allo stesso modo, se davvero siamo amici, non dobbiamo offenderci e sentirci criticati se qualcuno ci fa notare un nostro errore.
     Si tratta di una frase di Cicerone, che troviamo nel suo Laelius de amicitia, un dialogo incentrato appunto sul concetto di amicizia. Al paragrafo 91 si legge: «Quindi, così come è tipico di un’amicizia vera sia il rimproverare che il farsi rimproverare e così come ne è tipico fare la prima cosa con franchezza, senza aggressività, e accettare la seconda con pazienza, senza prenderla a male, allo stesso modo dobbiamo ammettere che la peste peggiore per l’amicizia siano l’adulazione, le lusinghe, la falsa accondiscendenza».

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